Tale principio, originariamente inteso in senso estremamernte restrittivo dalla giurisprudenza, è stato successivamente temperato dalla giurisprudenza la quale, se da un lato ha affermato l'invalidità di ogni pattuizione successiva alla stipula del contratto e volta ad apportare modificazioni al canone, con riferimento a quelle pattuizioni contenute nell'originario contratto di locazione (cfr. Cass. Sez. 3, 27-07-2001, n. 10286; Cass. Sez. 3, 23-07-2002 n. 10728; Cass. Sez. 3, 20-10-2003 n. 15647), ha ritenuto valide le clausole con cui le parti prevedere la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, a condizione che detta previsione non costituisca un espediente per aggirare la norma imperativa di cui all’art. 32 della legge n. 27 luglio 1978 n. 392 con la quale il legislatore si è riservato la facoltà di determinare le modalità e la misura dell'aggiornamento del canone in relazione alle variazioni del potere di acquisto della moneta, sottraendola alla disponibilità della parti.
Più di recente, tornando sull'argomento, la Cassazione ha avuto modo di affermare quanto segue: «la libera determinazione del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo consente sì di concordare il canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, ma pur ancorata ad elementi predeterminati nel contratto, idonei a regolamentare l'equilibrio economico del rapporto, senza incidere sulla - o eludere la - disciplina delle variazioni annue del potere di acquisto della moneta» (cfr. Cass. Civ., sez. III, sent. 30-09-2015, n. 19524).
È dunque consentito alle parti di addivenire alla stipula di contratti di locazione che prevedano un canone crescente nel tempo, ovvero una iniziale riduzione del canone convenuto, alla duplice condizione che ciò avvenga contestualmente alla stipula del contratto (dovendosi ritenere sanzionati da nullità ex art. 79 L. 392/78 tutti gli accordi sopraggiunti in corso di rapporto), e che, in ogni caso, le variazioni del canone vengano ancorate a elementi oggettivi e predeterminati, idonei ad influire sull'equilibrio del sinallagma contrattuale e diversi dall'automatica progressione temporale della misura del canone.
In tal senso è stato ritenuto legittimo il ricorso al canone crescente in maniera scalare a fronte di inenti spese di ristrutturazione dell'immobile di cui il conduttore si sia fatto carico, ovvero per agevolare il periodo di avviamento commerciale e correlative iniziative (cfr. Cass. civ. Sez. VI, 17-05-2011, n. 10834; Cass. civ. Sez. III, 28-07-2014, n. 17061).
Da ultimo giova segnalare che i principi di cui innanzi, benché enucleati con riferimento ai contratti di locazione ad uso diverso, ben possono trovare applicazione nell'ambito dei contratti ad uso abitativo. Anche in tale settore, infatti, il principio della libera determinazione del canone trova contemperamento nel disposto di cui all'art. 13 L.431/98, ai sensi del quale deve considerarsi nullo ogni patto volto ad assicurare al locatore aumenti contrattuali superiore all'indice ISTAT convenuto.
Anche in tale ambito, qualora, ad esempio, il conduttore si assuma l'onere di realizzare nell'immobile significativi interventi di ristrutturazione, le parti potranno senz'altro convenire che il canone di locazione venga corrisposto per un primo periodo in forma ridotta, ovvero che venga progressivamente aumentato in corso di rapporto, a condizione che la rircostanza risulti espressamente menzionata nel contratto e sia, conseguentemente, verificabile da<parte del magistrato nell'ipotesi dell'insorgere di una controversia.
Cass. Civ., sez. III, sent. 30-09-2015, n. 19524